museo Brussels
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Intervista con Sylvain Daudier, artista e autore della risoluzione che ha promosso la consapevolezza politica dell’arte come cura.

Potete immaginare di andare dal medico e tornare a casa con una prescrizione di cure che recita “cinque visite al museo d’arte”? Lo abbiamo già scritto: in Belgio si può! Ma c’è di più. Quello che non vi abbiamo raccontato è che non stiamo parlando di progetti “individuali” o casi isolati. Piuttosto di un progetto politico.

Lo scorso 8 marzo infatti nel Paese si è compiuto un passo ulteriore, con l’approvazione della risoluzione “per un approccio culturale e non medicinale complementare alla fornitura di cure nel campo della salute mentale, e più specificamente il ‘museo della cura’”

Si tratta di una risoluzione che non è vincolante – come ci spiega Sylvain Daudier, artista e autore della proposta (nonché assistente del politico belga Julien Uyttendaele) – ma che ciononostante è molto importante: essa conferisce legittimità all’arte come strumento di benessere e definisce un perimetro “politico” per l’attuazione di attività artistiche relativamente alla salute. «Al centro della risoluzione – chiarisce Daudier – c’è la visione della salute mentale come “una risorsa essenziale da proteggere, nutrire e sostenere”. A livello politico abbiamo lavorato per evidenziare la necessità di perseguire politiche integrate e coerenti in consultazione con tutti gli attori coinvolti al fine di promuovere una concezione più globale del concetto di “terapia”, in cui i trattamenti farmacologici e non farmacologici siano visti come complementari, con finalità sia curative che preventive; assicurandosi che i programmi di “arte per la salute” esistano e siano accessibili all’interno della comunità; e investendo in ulteriori ricerche, in particolare per aumentare l’uso e la valutazione degli interventi artistici e sanitari.»

«Oggi siamo in contatto con diversi attori e stiamo valutando come proseguire il lavoro oltre questa legislatura per svilupparlo ulteriormente» continua Daudier, che ricorda come l’ICOM Belgique/Wallonie-Bruxelles (una delle sottosezioni nazionali belghe del Comitato Internazionale dei Musei) abbia proposto di sviluppare e strutturare questo progetto, creando ulteriori reti e condividendo le migliori pratiche (best practices)…

E se la crisi sanitaria pandemica ha amplificato la consapevolezza dei luoghi d’arte come “bolle culturali di benessere”- basta ricordare il Recovery and Resilience Facility, il fondo messo a disposizione dalla UE anche per attività legate al supporto della cultura nei Paesi membri colpiti dal coronavirus – l’idea di trasformare questa intuizione in un progetto politico è maturata gradualmente, attraverso un’attenta osservazione di realtà museali all’avanguardia (come i progetti del MOMA New York e del Museo Dr Ghislain a Gand, nonché dell’iniziativa del Quebec del Museo di Belle Arti di Montreal) e il coinvolgimento diretto con le istituzioni. «Sono sempre stato attratto dal legame tra arte e salute mentale. Tuttavia, inizialmente non percepivo la dimensione politica – ricorda Daudier – È stato durante il mio lavoro con il politico belga Julien Uyttendaele, che ho realizzato il potenziale dell’azione politica. Abbiamo lavorato insieme alla Risoluzione sulla fornitura di naloxone, strettamente legata alla salute mentale. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi sul potere della politica nel guidare il cambiamento. Sono rimasto colpito dalla libertà di lavorare sui temi che mi appassionavano.»

Le sfide non mancano: c’è ancora un certo scetticismo di parte di alcune sezioni della popolazione sul ruolo dell’arte come terapia e poi si devono aumentare le collaborazioni e ricerche scientifiche per ulteriori studi qualitativi e quantitativi. I due problemi, a dire il vero, sono interconnessi: «mancano sufficienti dati scientifici per essere più incisivi sulla comunicazione di come visitare i musei faccia bene e, per tanto, del perché le casse malattie debbano coprire i costi di queste visite. Senza dati “solidi” è difficile convincere il pubblico e i politici dell’importanza delle iniziative sull’arte e la salute» sottolinea Daudier.

Come dare risposte a queste sfide? Da un lato, i musei del Belgio si stanno davvero attivando e continuano a proporre nuovi progetti che vedono l’intersezione tra arte e benessere. E questo è un elemento positivo. «Regioni come Liegi, Hainaut e Fiandre hanno musei (cito CREAM, TRINKHALL, o FONDATION PAULDUHEM) che sono attivamente coinvolti in questo campo. Ciò detto, è anche vero che alle singole istituzioni spesso mancano risorse e il supporto per realizzare pienamente il loro potenziale. La già citata Risoluzione sulla fornitura di naloxone fornisce una solida base per ulteriori azioni. È fondamentale che vari attori, come musei e istituzioni di salute mentale, utilizzino questo strumento politico e si impegnino attivamente con i politici» conclude Sylvain Daudier.

https://www.museumdrguislain.be

https://trinkhall.museum

https://www.artetmarges.be/fr

https://www.fondationpaulduhem.eu

https://www.creahmbxl.be

https://creahm.be

https://www.centresesame.be/arts-visuels

https://www.studioborgerstein.be

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Camia
valeria.camia@gmail.com